L’IMPATTO DI COSA MANGIAMO

Lo spreco alimentare è il fenomeno della perdita di cibo ancora commestibile che si ha lungo tutta la catena di produzione e di consumo degli alimenti.    

Si stima che ogni anno che un terzo di tutto il cibo prodotto per il consumo vada sprecato. Soprattutto nei paesi industrializzati, una buona parte di cibo ancora edibile viene sprecato dai consumatori mentre un’altra grande parte durante tutto il processo di produzione degli alimenti. Per esempio nella produzione agricola e nella lavorazione, come anche durante la vendita e la conservazione. Secondo le stime dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), una persona in Europa o in America del Nord spreca intorno ai 95115 kg di cibo all’anno di cui 35% animale e 20% vegetale.

Lo spreco in Italia 

In Italia, lo spreco alimentare è stato stimato diverse volte tramite l’uso di questionari, mentre nel 2016 sono state condotte le prime rilevazioni tramite il diario dello spreco e analisi dei rifiuti grazie al progetto REDUCE (finanziato dal Ministero dell’Ambiente, della Tutela del territorio e del Mare). Da queste rilevazioni è risultato che lo spreco alimentare domestico di cibo ancora commestibile corrisponde a 530 grammi a testa a settimana, in media. Moltiplicato per il numero della popolazione italiana, lo spreco ammonta circa a 1,67 milioni di tonnellate nel 2016.

L’impatto dell’industria alimentare

Un altro problema che deriva dal cibo è nella sua produzione. Infatti, secondo uno studio realizzato sempre dalla FAO in collaborazione con il Centro comune di ricerca della Commissione Europea, il settore alimentare contribuisce per oltre un terzo delle emissioni globali di gas ad effetto serra, arrivando al 34% di emissioni di biossido di carbonio. In particolare, il 39% delle emissioni sono riconducibili ai processi di produzione degli alimenti, il 38% allo sfruttamento del suolo per attività agricole e la pastorizia, mentre il 29% alla distribuzione dei prodotti.  Inoltre, il packaging alimentare è responsabile per il 5,4% delle emissioni di CO2, più dell’attività di trasporto dei prodotti, sebbene esistano delle differenze sostanziali in base ai singoli articoli. Nei paesi sviluppati è stato registrato anche un forte aumento dei gas fluorurati, utilizzati nell’industria alimentare e nel campo della refrigerazione, sostanze estremamente dannose per l’ambiente più dell’anidride carbonica.

L’impatto delle scelte alimentari

Anche la nostra dieta impatta sull’ambiente. Di fatto, secondo le linee guida del WWF sulla sostenibilità alimentare, per ridurre l’impronta ecologica della dieta è importante iniziare dal passaggio a un’alimentazione basata su prodotti vegetali, riducendo il più possibile il consumo di carne. Gli alimenti di origine animale devono inoltre essere selezionati con attenzione, privilegiando prodotti realizzati da animali allevati all’aperto e in modo sostenibile. Allo stesso modo bisogna adottare buone pratiche d’acquisto per un consumo responsabile dei prodotti, preferendo alimenti freschi, di stagione e provenienti da produttori locali secondo il principio della filiera corta. È fondamentale evitare i cibi importati, oppure i prodotti coltivati all’interno di strutture riscaldate attraverso l’impiego dei combustibili fossili.

Ma abbiamo la possibilità di cambiare le cose!

Esistono diverse soluzioni per queste problematiche. Per quanto riguarda lo spreco, esistono diverse associazioni che raccolgono e distribuiscono il cibo avanzato da attività commerciali e case oppure applicazioni che permettono di segnalare cibo avanzato, donarlo, mettersi d’accordo con il segnalatore per ritirarlo e altro ancora. Ad esempio l’applicazione Too Good To Go, che permette al cliente di acquistare delle “Magic Box” con l’invenduto della giornata di ristoranti, bar e alimentari a prezzo ridotto. Per quanto riguarda l’inquinamento dell’industria alimentare, invece, bisognerebbe valorizzare prodotti biologici, ridurre imballaggi e preferire contenitori riutilizzabili oppure partecipare a gruppi d’acquisto (insieme di consumatori che compera un determinato tipo di merce direttamente dal produttore senza passare per vie intermedie). 

Anche Terra Condivisa, nel suo piccolo, contribuisce a combattere lo spreco alimentare e l’inquinamento in maniera solidale e sostenibile utilizzando una produzione organizzata in modo tale da evitare gli eccessi, producendo verdure fresche e consegnandole sul territorio direttamente ai clienti senza intermediari, vendendo ai ristoranti della zona ed infine donando le verdure invendute al centro d’ascolto diocesano che poi verranno utilizzate per la mensa e nella distribuzione viveri alle persone in stato di fragilità.